Venerabili e Servi di Dio dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
Mons. Dimiccoli - Don Caputo - Piccarreta - Suor Damato - Don Uva - Padre Leone
Ruggiero Peschechera
A
30 anni dalla morte di Ruggiero Peschechera, vogliamo ricordarlo, invitando i lettori a leggere e rileggere un testo splendido e straordinario, Quante sono le stelle del cielo, lettere di un amore infinito, scritte durante la sua malattia e indirizzate a Mariella, amica del cuore, alla quale Ruggiero arriverà a confidare ogni suo momento di gioia e di sofferenza. Per quanti non hanno avuto la fortuna di conoscerlo, di seguito presentiamo un quadretto biografico e spirituale di Ruggiero.
È nato a Barletta il 19 ottobre 1968 ed è morto, per leucemia, il 15 aprile 1992, a Lyon. La sua è una storia esemplare di giovane che ha saputo coniugare ‘‘esperienza della malattia con l’amore alla vita, con l’apertura alla speranza, con la pratica della fede e con un grande senso dell’amicizia”. A riguardo di Mariella, l’unica differenza che li divideva era il fatto che lei non aveva ancora incontrato Dio, ma in una lettera sottolineava: “Ringrazio spesso Dio quando prego per avermi dato te…”.
Testimonierà Mariella stessa: “Riuscì a parlare del dono della fede con una dolcezza e persuasione tali da rendermi completamente arrendevole”. Sin da piccolo, Ruggiero, si mostrava educato e riservato e al contempo affettuoso. Abitando nel complesso residenziale, il Colosseo, il suo ampio giardino gli permise di familiarizzare presto con tutti. La sua giovialità e bontà erano una porta aperta per tutti coloro che incontrava e in particolare per i bambini.
I più piccoli diventarono ben presto i suoi preferiti, tanto da organizzare per loro giochi, fare loro gli indovinelli, regalare quanto poteva ritrovarsi fra le mani: giocattoli, dolci e caramelle. Amava molto i bimbi.
Quando già si trovava a Lyon ammalato, in una lettera alla sua amica Eva, scriveva: “Il mio sogno è sempre stato quello di avere una famiglia con tanti bimbetti. I bambini sono le più belle creature di Dio e, anche se talvolta sono delle piccole pesti, non si può che amarli sempre di più”. In ambito parrocchiale Ruggiero non trovò alcuna difficoltà d’inserimento. Conobbe il suo parroco, don Luigi Filannino, che divenne il suo abituale confessore e confidente fino alla morte e da lui ebbe il dono della Prima Comunione nel giugno 1980.
La sua vita è attraversata in tutta la sua lunghezza da una commovente e crescente generosità. Dopo le scuole medie, frequentò l’Istituto Tecnico Commerciale conseguendo la maturità col massimo dei voti. Professori e compagni certificano che “Ruggiero era un ottimo alunno, nonché un ottimo compagno di classe, sempre generoso e disponibile con tutti”.
Aperto, allegro, positivo, sereno, buono, amante della vita, Ruggiero sembrava predisposto per natura ad una larga cerchia di amici.
E in realtà di amici ne ebbe veramente tanti, e di tutte le età. I più giovani arrivavano a confidargli ogni loro vicenda, sia scolastica che sentimentale, perché era l’unica persona ‘adulta’ con cui riuscivano ad aprirsi veramente e di cui ascoltavano volentieri i suggerimenti. Non per nulla in casa sua, anche se con un certo disappunto qualche volta dei genitori, il telefono continuava a squillare perché tanti gli chiedevano una mano, un consiglio, un aiuto; e quando sarà ricoverato a Lyon, in circa 4 mesi e mezzo di lontananza, riceverà più di cento lettere dai vecchi e nuovi amici, e a tutti con pazienza e piacere puntualmente risponderà.
A proposito della malattia scrive Ruggiero: “La mia malattia mi ha aperto ancora di più non solo gli occhi, ma soprattutto il cuore. Ho visto un mondo completamente diverso, un mondo di cui non conoscevo l’esistenza, ma è davvero terribile. Ci sono disgrazie che colpiscono bambini e ragazzi della nostra età. Credevo che certe cose non riguardassero noi giovani ragazzi. E invece questa è una realtà terribile e nel Centro in cui mi trovo, riesci a toccare con mano questa terribile realtà. Non c’è altra consolazione che il grande amore di Dio e convincersi che bisogna aiutare i bisognosi. Basta un gesto carino per regalare un sorriso a queste persone, ma è necessario farlo per dare una ragione alla nostra vita. Sto quasi odiando l’idea che in passato non abbia fatto tanto, e non accetto il fatto che ci sono persone così stupide e inutili che pensano solo ai divertimenti e alle cose materiali. Non possiamo e non dobbiamo mai dimenticare tutte queste persone e bisogna invogliare tutti a non essere egoisti. Basta solo impegnare un po’ del proprio tempo libero e riesci ad avere un tesoro nel cuore”.
Il libro è un testo di fede, carità e intriso di forte spiritualità che si legge tutto d’un fiato.
Francesca Leone