n. 2 Aprile-Giugno 2009 - Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
     
 
Periodico trimestrale d'informazione sulle Cause di Canonizzazione del Servo di Dio sac. Raffaele Dimiccoli e del Servo di Dio sac. Ruggero Caputo
 
DON RUGGERO CAPUTO E LA MISTICA GEMMA GALGANI
il coraggio di perdere la vita e ritrovarla

Il sacerdote barlettano, il servo di Dio don Ruggero Caputo (1907-1980), alla scuola del suo maestro, il servo di Dio mons. Raffaele Dimiccoli, fin dai primi anni della sua giovinezza fu fortemente attratto da santa Gemma Galgani, soprattutto dal momento in cui cominciò a maturare la vocazione al sacerdozio. Entrando in
seminario all'età di 19 anni, per tutto il periodo di formazione, oltre a leggere costantemente la biografia e gli scritti della santa Mistica lucchese, amava ricordare che “una sua immagine mi ha sempre vegliato” sulla sua scrivania, così come fissò nei suoi appunti. Molti “miracoli” della grazia che egli andò continuamente sperimentando, li attribuì volentieri all'intercessione di santa Gemma.
Nel 1937, con l'ordinazione sacerdotale, il Signore andò prospettando sempre più chiaramente a don Caputo la missione a cui lo chiamava: “apostolo della verginità consacrata”. Sotto la sua guida, infatti, maturarono oltre una decina di vocazioni sacerdotali, circa centocinquanta religiose e una cinquantina di giovani attratte alla consacrazione verginale nel mondo. A tutti propose l'esempio di vita di santa Gemma Galgani, con la quale ebbe in comune l'amore appassionato verso la Santissima Eucaristia e il Crocifisso.
Durante un soggiorno per le cure termali presso Montecatini Terme, risulta che, don Ruggero abbia raggiunto la località toscana di Lucca, spinto dal desiderio di pregare sulle spoglie mortali del suo Angelo Tutelare per affidare a lei le intenzioni personali e la perseveranza del suo “piccolo gregge”.
Don Ruggero Caputo nel portare avanti il suo apostolato di “coltivatore di gigli”, nonostante gli abbondanti frutti del suo ministero sacerdotale fossero sotto gli occhi di tutti, fu duramente provato da umiliazioni e incomprensioni. Venne snobbato con l'epiteto “u zappaturìcch”, che evidenziava le sue origini di vecchio contadino, buono - secondo i più - solo a zappare la terra.
Ma egli non si perse mai d'animo perché aveva indossato non solo i panni ma l'anima di prete, divenendo esempio di convinto assertore dell'irriducibilità del Vangelo alla mentalità mondana.
Così spese tutte le proprie energie per dissodare il terreno per l'edificazione del Regno di Dio sulla terra e per la crescita e la difesa del gregge, calcando le orme della cara Santa stigmatizzata di Lucca.
Anche lei, infatti, in vita era stata ridicolizzata tanto che le ragazzine del rione avevano come passatempo quello di andare a vedere Gemma durante le sue estasi per poterla prendere in giro. Persino la maggioranza dei lucchesi la considerava una “scemetta”.
È lo scotto che pagano coloro che vogliono seguire Gesù senza mezze misure.
Lasciato solo, come la “povera Gemma”, nel combattimento spirituale, il “povero, piccolo prete” si inabissò nella preghiera, accettando di condividere con lo Sposo Divino l'abbandono del Getsèmani, l'amarezza della condanna e la solitudine della crocifissione. Nel momento culminante della notte oscura dello spirito don Ruggero, profondamente prostrato, dal 18 al 27 agosto 1952 sosterà a Vico Equense (Na) nella casa dei Gesuiti per un corso di Esercizi Spirituali: “Mio Dio, come è triste quest'opera - scriverà nei suoi appunti - Sono schiacciato da tutti e la preghiera che più mi consola è quella che Tu facesti sulla croce per me: "Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato?". Perché io sento anche l'abbandono Tuo, mio Gesù, che tanto, oh! tanto mi pesa.
In questo tempo io sono tentato contro la pietà, contro la fede e contro l'Apostolato. [...] Oscurità sul presente e sull'avvenire; l'avvenire mi schiaccia, ho trascorso quasi due mesi disfatto sotto il peso d'uno stato quasi continuo di tristezza e di pena d'animo e il mio fisico si è accasciato maggiormente, e questo sotto l'incalzare di avvenimenti dolorosi: cacciato quasi dalla Parrocchia, cacciato io e i miei figli spirituali dalle Suore (di cui era cappellano), a me si è negato financo di pregare in cappella, le figliuole cacciate dalla Santa Messa, abbandonato dai miei superiori.
In questo patire intimo mi sono sempre ricordato dell'abbandono di Gesù nel Getsèman
i”.
Anche gli ultimi mesi della sua vita furono segnati dalla prova, vivendo una dolorosa malattia nello spirito di offerta. A una figlia spirituale recatasi a fargli visita in ospedale, don Caputo disse: “Ora devo compiere la mia parte. Come dice san Paolo: "Completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa”. Il suo sacrificio terreno ebbe compimento la sera del 15 giugno 1980. Da quel momento la sua testimonianza di vita è rifulsa in tutto il suo splendore, uscendo dal silenzio e dal nascondimento.
È stato necessario che don Ruggero chiudesse i suoi occhi affinché gli altri li aprissero su di lui!
Tra le tante figlie spirituali che dietro la sua guida si sono distinte nel cammino di santità, ricordiamo Mariettina Doronzo (1921- 1969). Dotata di grande carità e semplicità evangelica, con la sua dolcezza e prudenza si fece apostola tra le coetanee, divenendone sorella e guida. Di profonda vita di unione con Dio fu portatrice di pace e in qualsiasi circostanza seppe sempre elevare il tono, riconducendo tutto a Gesù. Dietro l'esempio del suo inseparabile direttore spirituale, questa umile creatura prese a modello di vita santa Gemma, offrendo tutta se stessa per la salvezza delle anime, accettando una lunga e lancinante malattia velando le atroci sofferenze dietro un celestiale sorriso, che sempre l'aveva contraddistinta.
Si preparò alla morte, vissuta come il “giorno dell'incontro con lo Sposo” e, per l'occasione, volle confezionato un abito bianco “sul modello di quello indossato da santa Gemma sul letto di morte”, desiderio espresso anche da Veronica Bizzoca (1928-1995), altra figlia spirituale del servo di Dio don Caputo, anima semplice, pura e dolce, amante della preghiera. Così don Ruggero annunciò alle sue figlie spirituali Benedettine di Alatri la morte di Mariettina Doronzo: “Morì come muoiono i santi, serena, sorridente.
Le potevo parlare di morte come se fosse uno scherzo; le chiedevo quando e il quando fu come mi aveva promesso. Queste cose mi commuovono e tante volte piango ai piedi di Gesù per i miei peccati e anche per la santificazione, la santa perseveranza di tutti i miei figli consacrati
”.
Il 9 settembre 2007, durante la Concelebrazione Eucaristica presieduta nel Duomo di Santo Stefano a Vienna, il nostro amato pontefice Benedetto XVI così si espresse: “Egli (Gesù) chiama delle persone a contare esclusivamente su di Lui, a lasciare tutto il resto e ad essere totalmente a sua disposizione e così a disposizione degli altri: a creare delle oasi di amore disinteressato in un mondo, in cui tanto spesso sembrano contare solo il potere e il denaro.
Ringraziamo il Signore, perché in tutti i secoli ci ha donato uomini e donne che per amor Suo hanno lasciato tutto il resto, rendendosi segni luminosi del Suo amore! […] Queste persone con l'intera loro vita, sono diventate un'interpretazione della parola di Gesù, che in loro si rende vicina e comprensiva per noi. E preghiamo il Signore, affinché anche nel nostro tempo doni a tante persone il coraggio di lasciare tutto, per essere così a disposizione di tutti
”.
Che la luminosa testimonianza di vita del servo di Dio don Ruggero Caputo e di santa Gemma Galgani contagi gli uomini di oggi nell'affascinante avventura della sequela Christi.

S.A. Lattanzio

Sito a cura della Commissione Cultura e Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi.
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