DON RAFFAELE DIMICCOLI
e DON RUGGERO CAPUTO
nostri modelli e intercessori
Da
oggi il nostro periodico si interesserà di questi
due sacerdoti (padre e figlio nella grazia) avviati agli
onori degli altari
1935. Don Dimiccoli nell’atrio
del Nuovo Oratorio circondato da bambini e seminaristi.
Alla sua destra il Servo di Dio Ruggero Caputo.
Ho tra le mani una vecchia foto un po’ ingiallita, è quella
del mio battesimo. Oltre me si vede mia madre, ancora affaticata
dopo una gravidanza difficile, e un sacerdote nel pieno della
sua maturità che mi sorride con una dolcezza che denota
tanta gioia per quella vita appena nata e che tramite lui era
entrata a far parte a pieno diritto nella Chiesa di Cristo.
Quel prete è il Servo di Dio don Ruggero Caputo che,
anche se deceduto ormai 25 anni fa, molti di noi hanno conosciuto
e amato. Di lui ho sentito parlare da tante persone, credenti
e no, ma ciò che mi ha colpito è che tutte pongono
in risalto due sue caratteristiche predominanti, la dolcezza
e la capacità d’ascolto. Di lui oggi scriviamo
perché mons. Giovan Battista Pichierri, nostro arcivescovo,
ha dato un annuncio atteso da molti: il 1° maggio 2006
partirà ufficialmente la Causa di beatificazione e canonizzazione
del nostro caro e santo sacerdote. Il nostro giornale ha tanti
motivi per occuparsi direttamente di lui. Infatti fu figlio
spirituale del Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli che lo guidò sulla
non facile strada della vocazione adulta; non solo, alla morte
di quest’ultimo, nel 1956 proseguì la sua opera
come Direttore del “Nuovo Oratorio San Filippo Neri”.
Inoltre, per chi crede a queste coincidenze che forse coincidenze
non sono, esattamente il 1° maggio di dieci anni fa iniziò il
Processo di beatificazione del nostro don Raffaele. Proprio
per questo il sottotitolo della nostra testata da questo numero
sarà dedicato ad ambedue i Servi di Dio.
La Chiesa deve giustamente seguire il suo iter, procedere passo
dopo passo con cautela e cognizione di causa, devono arrivare
i miracoli riconosciuti dall’autorità ecclesiastica. È tutto
giusto, doveroso, ineccepibile, ma per noi sia don Raffaele
che don Ruggero beati lo sono già. Per loro parlano
ciò che hanno compiuto, gli stili di vita, gli esempi,
le incalcolabili fatiche apostoliche, la bontà d’animo,
le vie che hanno tracciato a tante vocazioni religiose, sacerdotali
e laicali, le bocche che hanno sfamato, le anime che hanno
portato sulla strada della Salvezza. Il resto non è di
nostra competenza o in nostro potere.
Nostro dovere, invece, è quello di pregare affinché le
loro figure possano essere ancora oggi esempio per tutti di
santità cristiana e bontà verso i bisognosi.
Stefano Paciolla |